Era l’alba quando un gruppetto di quattro donne, vestite di scuro, si radunò davanti al portone della cappella dei Gesuiti, in via Montebello. Entrarono in chiesa tutte assieme e si avvicinarono all’altare. Padre Ottone, vestito con i paramenti sacri, attendeva il loro ingresso per iniziare messa prima; quando le scorse, dalla porticina della sagrestia, sorrise: quello era un giorno importante per Laura e le sue compagne.
Al termine della cerimonia le quattro donne offrirono se stesse al Sacro Cuore di Gesù, con quello che ciascuna di loro aveva: «Parenti, roba, tempo, opere: tutto è vostro, Signore!».
Padre Ottone allora si rivolse al gruppo, con la voce rotta per l’emozione:
«E’ ora che incominci la vostra missione: Laura, va’ in nome di Dio. Te lo comando: in nome suo. Sii madre».
In quell’istante Laura ascoltò il suo cuore e sentì due sentimenti che si incontravano e quasi si abbracciavano tra loro: la gioia per una storia che, finalmente, iniziava e il peso del sacrificio e delle responsabilità che la attendevano. E riuscì a sussurrare solo poche, semplici parole:
«Gesù, sono tua. Farò la tua santa volontà».
All’uscita i raggi abbaglianti del sole penetravano tra i palazzi di Milano, ma l’aria era ancora fresca e si sentiva l’arrivo dell’autunno.
Era la mattina del 22 settembre 1880.
Alla sera di quello stesso giorno, adagiata sul suo pagliericcio, Laura faticava a prendere sonno. Le correvano alla mente le immagini di una giornata piena di emozioni: il congedo di padre Ottone e la sua benedizione; il viaggio in carrozza verso Sulbiate; lo svenimento di Bianca, che abbandonava la sua città e sua madre, rimasta a Milano da sola; le preghiere, i discorsi su ciò che le attendeva e sulla loro prossima missione. La carrozza avanzava piano, al passo del vecchio cavallo da tiro, intanto Laura poteva scorgere i campi dove era stato tagliato il grano, i gelsi e gli ippocastani, con le prime sfumature di ruggine sulle foglie; i filari di vite, ora verdi ora rossi, oramai pronti per vendemmia: i colori di quella campagna, della sua campagna, dove finalmente tornava per aiutare la gente e ringraziare in mezzo a loro il Signore.
E poi la gioia di rivedere un vecchio amico! Sulla porta della chiesa parrocchiale le attendeva don Ercole Riva, che le benedisse e le affidò a Maria Immacolata.
Infine l’ingresso nella casa di Sulbiate Superiore, che Laura aveva acquistato con i soldi lasciati in eredità dal cavalier Francesco Biffi. E qui l’abbraccio con i fratelli, le sorelle, gli amici e i parenti che si erano prodigati, pur nella loro povertà, per procurare alla nuova comunità gli attrezzi e gli strumenti necessari per la vita quotidiana. Poi la festa era finita e tutti si erano ritirati a riposare.
Ma Laura, rimasta sola, si era alzata dal letto e si era inginocchiata a vegliare davanti al quadro del Sacro Cuore, che aveva portato con sé da Milano. E subito le corsero alle labbra queste parole:
«Gesù, voi mi avete voluta qui, so che voi farete tutto. Mi abbandono nelle vostre braccia, mi nascondo nel vostro cuore. Vivrò giorno per giorno, giorno per giorno farò ciò che voi mi direte. Non penserò mai a ieri né a domani. Se avete scelto una donna debole e incapace come me per guidare questa comunità, questo è segno che sarete voi a fare tutto.»
Laura sentì il sorriso del Signore sopra la sua preghiera. E solo allora poté prendere sonno.