I primi anni della vita di Laura trascorsero quasi nascosti a tutti, anche nella sua stessa casa, dove già correvano allegri fratelli e sorelle più grandi. Inoltre, a nove mesi, era stata affidata ad una zia paterna, che viveva sola ed era ammalata: la donna e la bimba si tennero compagnia e si diedero conforto a vicenda; poi la zia morì e Laura tornò in famiglia.

Era una bambina docile e obbediente, la beniamina di tutti in casa; ma era anche timida con gli estranei, fino a sembrare scontrosa fuori dalle sue mura. Sua madre cercò di avvicinarla alle bambine del paese, ma furono altri due incontri inattesi a segnare l’infanzia di Laura.

Il primo avvenne tra le pareti della camera nella quale dormiva in compagnia dei genitori. Qui spesso Laura si ritirava per giocare da sola, oppure per leggere i suoi due libri preferiti, il Vangelo e la Vita di San Luigi (infatti la bambina a cinque anni aveva già imparato a leggere dai genitori).

Un pomeriggio, mentre giocava con la bambola, il suo sguardo fu attirato dal piccolo crocefisso di legno, che i genitori tenevano sopra una cassettiera. A quel punto la bambina udì dentro di sé una voce serena e profonda, che le parlava:

«Laura, che ci guadagni giocando con la bambola? Non ti sarei più caro io che quella bambola?»

La bambina si avvicinò al mobile, prese il crocefisso e guardò quelle braccia spalancate, quelle mani e quei piedi feriti, il fianco trafitto: subito le corsero alla mente i racconti dolorosi della passione di Gesù, che aveva letto nel Vangelo, e una grande onda di calore le riempì il cuore.

Staccò l’immagine dalla croce di legno, che non soffrisse più. Tolse la piccola veste scura alla sua bambola e coprì l’immagine del Cristo, che non avesse più freddo. Lo adagiò accanto a sé, sul cuscino del letto, che non fosse solo.

Sono piccoli gesti infantili, fanno sorridere: ma dentro quella voce e quelle azioni di Laura c’è tutto l’amore grande di una bimba. Quell’amore che forse gli adulti non sanno nemmeno capire fino in fondo, se non sanno tornare come bambini.

L’amore di Laura per Gesù, che si accese nella scoperta del crocefisso, fu rafforzato da un altro incontro: quello con il nuovo parroco di Brentana, don Ercole Riva.

Era costui un uomo buono e intelligente, al quale il Signore aveva donato la capacità di leggere dentro il cuore delle persone. Egli scoprì il dono d’amore che Gesù aveva fatto a Laura, seppe prenderla per mano e le insegnò a rompere quelle piccole grandi catene che ancora legavano la sua anima:

«Il Signore ti ha fatto tante grazie e ha dei disegni su di te – le disse don Ercole dopo una confessione -, vuole essere amato da te in modo particolare: ma quanta strada devi ancora compiere!».

Accompagnata da quella guida buona e forte, Laura ricevette la Cresima a dieci anni e, l’anno successivo, finalmente si accostò alla prima Comunione.

La sera precedente Laura pregò con i suoi genitori, poi trascorse una notte insonne per l’emozione.

All’alba, appena le campane suonarono l’Ave Maria, Laura si alzò e la mamma le fece indossare una lunga veste verde, che aveva preparato per l’occasione: così la ragazzina si recò in chiesa, accompagnata dalla mamma e da una zia, incontro a quel Gesù che tanto aveva atteso.

Al momento della comunione fu come se un velo fosse caduto dai suoi occhi: vide il sorriso di Gesù e si sentì tanto vicina a lui, quanto neanche un angelo saprebbe descrivere. Da quel momento il legame con Gesù dentro il pane dell’eucarestia non abbandonerà mai più la sua vita.

Ne pomeriggio, a casa, in mezzo a tutti i parenti che si erano radunati per festeggiare, don Ercole disse a Laura:

«Devi essere contenta, perché oggi sei la sposa di Gesù».

Gli adulti sorrisero, qualcuno disse che la ragazzina era troppo giovane per comprendere quelle parole: Laura invece le aveva capite bene e continuò a ripeterle nella sua mente. Le fece pure incidere su una piccola spilla, che portò sempre con sé.