I signori Biffi erano oramai anziani. Nel 1876 morì Caterina, a settantanove anni: e morì benedicendo Laura e supplicandola di restare accanto a suo fratello, che sarebbe rimasto solo. Egli sopravvisse ancora per quattro anni e la giovane fu fedele collaboratrice nella conduzione della casa e premurosa infermiera nella cura dell’anziano signore.

Ma intanto Laura, esortata anche da padre Ottone, iniziava a pensare al suo futuro: vedeva ancora se stessa nella vita religiosa, consacrata completamente al Signore, ma non era chiaro quale sarebbe stata la sua strada precisa.

Anche padre Ottone, che pure conosceva così bene il cammino interiore di Laura, aveva davanti agli occhi come una nebbia quando pensava al futuro della giovane:

«Tu sei un mistero, Laura; – le disse un giorno – sembri nata per la clausura, eppure ti vedo tanto propensa e felice nel compiere opere di carità, che non so in quale direzione consigliarti».

Laura sorrise e padre Ottone, dondolando la testa, sospirò:

«Io sono al buio: non conosco più nulla sulla tua vocazione».

Il sacerdote aveva intuito che la preghiera e la vita attiva nella carità erano i due polmoni che respiravano nel petto di Laura, e l’uno non poteva stare senza l’altro: ma per illuminare il suo futuro era indispensabile che intervenisse l’unico consigliere che non sbaglia mai. E il Signore, ancora una volta, fece sentire la sua voce a Laura.

E’ il pomeriggio del 2 febbraio 1879, festa della Presentazione di Gesù al tempio e della Purificazione di Maria. Laura scende nella chiesa di San Babila per adorare l’eucarestia. Si pone in un banco isolato, nascosto nella semioscurità; l’unica luce che la raggiunge è quella delle lampade che ardono davanti al Santissimo Sacramento. La giovane donna prega intensamente e piange, davanti a Gesù che si è fatto pane per tutti noi. Sente dentro di sé il desiderio di operare il bene, ma non riesce ancora a leggere il suo futuro: e questo è per lei causa di dolore. Le lampade argentate splendono di luce gialla davanti all’altare dell’esposizione, nell’aria galleggia ancora il profumo dell’incenso.

«Signore – invoca Laura nel suo cuore – Voi siete ferito, offeso; io mi sento piena d’amore per voi e non so cosa fare. Gesù caro, voglio consolare il Vostro dolcissimo cuore, voglio farvi amare anche dalle persone che incontro. Desidero portare a Voi le loro anime. Insegnatemi Voi come fare: sono pronta a tutto, nulla mi farà paura. Ve lo prometto».

All’improvviso una grande gioia si fa largo in mezzo alla fatica e alla sofferenza di Laura. Ella ha una visione: scorge se stessa come una madre, attorniata da tante figlie. Davanti a loro si stende un’immensa rete pericolosa, che tiene prigioniera una moltitudine di persone: uomini, donne, bambini che lottano per uscire da quella trappola, ma non ci riescono da soli.

«Ecco il tuo compito!» dice la voce del Signore.

E Laura capisce che dovrà operare nella vita concreta: nelle parrocchie, nelle fabbriche che sorgono, nelle scuole dalle quali i bambini fuggono, nelle congregazioni giovanili, nelle chiese, per aiutare tutti a illuminare la propria vita alla luce di Dio e liberarsi dalla fatica senza senso del peccato.

«Coraggio Laura. Io sono con te e tu dal mio cuore otterrai luce, forza, aiuto, soccorso. Non temere!»

Suonano le campane, sono giunte le tre del pomeriggio. Laura si scuote, la visione si è spenta; torna al suo dovere in casa Biffi.

Ma una cosa ora le è chiara: lei è chiamata a divenire “madre”, a mettersi a capo di una nuova famiglia religiosa, che avrà come compiti quelli di adorare il Signore e aiutare il prossimo nella fatica della vita quotidiana.