Padre Ottone depose sul tavolo i fogli che aveva letto con attenzione, tolse gli occhiali e rimase a fissare la parete davanti a sé: in quelle pagine fitte di una scrittura chiara e regolare, Laura aveva riassunto gli eventi della “bella notte”, e aveva consegnato a padre Ottone anche il quaderno scritto mentre la voce dettava.

La forza e la semplicità di quelle regole di vita colpivano il gesuita, ma egli temeva pure che Laura si montasse la testa e perdesse l’orientamento nel suo cammino: fondare una nuova congregazione! Non sarà sognare troppo?

La decisione fu presa:

«Ordinerò a Laura di non pensare più a questo sogno e di scacciare ogni immagine di esso, come se fosse una tentazione!».

Laura chinò il capo alle parole del suo confessore, perché era abituata ad obbedire; ma alcuni mesi dopo, quando padre Ottone le chiese se si fosse dimenticata di quel sogno, Laura rispose con un candore che vincerà la resistenza del sacerdote:

«Scaccio sempre il pensiero, perché l’obbedienza alla vostra parola lo vuole… ma ogni giorno Gesù me lo ricorda!».

Padre Ottone sorride, finalmente si è convinto: questa non è una tentazione, ma la voce del Signore che chiama. E’ ora di prendere una decisone sulla scelta vocazionale di Laura.

Dopo alcuni giorni di ritiro spirituale, il confessore chiama la giovane donna e le comunica la sua decisione: Laura chiederà di essere ammessa nella Compagnia di Sant’Orsola, in Milano, e diverrà orsolina di famiglia. Questo significa entrare in un ordine che già esiste da tempo, ma intanto ella può raccogliere attorno a sé quelle giovani che desiderano iniziare con lei l’opera che il Signore le ha mostrato.

Una scelta prudente, quella di padre Ottone: e Laura obbedisce ancora una volta, divisa tra la gioia per la vita da religiosa e il dolore di non poter dare inizio ad una nuova congregazione.

Ma nel suo cuore già lo sa: sarebbe stata orsolina per poco tempo.

Frattanto altri due lutti colpirono Laura: anzitutto la morte a Sulbiate della cara mamma Giovannina, che aveva invocato sulla figlia la stessa benedizione di papà Cesare. Un anno dopo, nel 1879, morì anche il cavalier Francesco, l’ultimo dei fratelli Biffi, e lasciò in eredità a Laura un piccolo capitale e una pensione, per ringraziarla di tutto il lavoro svolto in quegli anni e del suo affetto per la famiglia adottiva.

Ora niente più sembra trattenere Laura. Ella può iniziare quella missione che ha così a lungo desiderato: abbandonare Milano e dedicarsi ad una vita di preghiera e servizio in una parrocchia di campagna, accanto a una piccola comunità, dove più c’è bisogno di aiuto.

Ma padre Ottone ancora esita a concedere la sua autorizzazione e la sua benedizione: chiede a Laura ancora uno sforzo di preghiera e meditazione. La giovane si impegna in un lungo giro di pellegrinaggi, uno dei quali la porta a Brescia, sulla tomba di Sant’Angela Merici, dove ha un colloquio con padre Giuseppe Chiarini, il superiore della Compagnia di Sant’Orsola.

Quell’uomo dotto e saggio ascolta le parole di Laura e legge anche il quaderno scritto durante la “bella notte” e, alla fine, giunge alla stessa conclusione: Laura sarebbe stata orsolina per poco, perché il Signore ha altri disegni su di lei.

L’autorizzazione tanto sospirata, però, ancora non arriva: padre Ottone attende ora un segno più chiaro della volontà di Dio. E Laura cerca questo segno, con la pazienza e l’ostinazione di chi sa che le strade del Signore non sono le nostre strade, e il tempo del Signore non è il nostro tempo.