Nonostante tutto Laura seguì per obbedienza quanto le indicava padre Ottone Terzi e si recò dalle Orsoline di Milano, presenti dal 1576 per volere di S. Carlo Borromeo. Non si conosce la data precisa del suo ingresso nella Congregazione, probabilmente fu all’inizio dell’estate del 1879. Visse il periodo del noviziato sotto la guida di padre Terzi. Ciò non era certo previsto dall’ordinamento delle Orsoline, ma la Superiora accettò lo strappo alla regola poiché il padre gesuita era molto noto ed influente a Milano.
Il noviziato fu rigorosissimo; ritornava gran parte delle pratiche che Laura svolgeva già quotidianamente: abito modesto e scuro, vita ritirata, temperanza nel cibo, digiuni e astinenze prescritti dalla Chiesa e dal confessore, vita di preghiera regolare (piccolo Ufficio della Madonna, preghiere vocali, Santo Rosario, Messa quotidiana), obbedienza ai superiori della Compagnia di Sant’Orsola, ai familiari, ai datori di lavoro.
Il 31 dicembre il cavalier Francesco Biffi morì, lasciando alla diletta Laura un capitale di 100 mila lire ed un contributo giornaliero di 5 lire, come registra una minuta di lettera di don Ercole Riva del 1881. Laura era molto affezionata al suo datore di lavoro ed era ampiamente ricambiata: «Il mio signore, morendo, mi aveva lasciato una pensione ed un capitale, col quale, potevo secondo lui vivere comodamente e assecondare il mio desiderio di fare del bene al prossimo»[1].
Laura era un modello di vera figlia di Sant’Orsola, perciò il 13 maggio 1880 fu pronta alla vestizione ed a ricevere la medaglia-distintivo.
Ed ecco la libertà ed un patrimonio: «Padre eccomi libera», disse al suo Maestro di noviziato «e con mezzi, faccia di me quel che conosce che sia conforme al divin volere, lo faccia con quella libertà che farebbe se avesse in mano uno straccio. Lo metta, lo butti ove vuole, purché mi faccia amare il mio caro Gesù e fare la sua volontà»[2].
Laura era felice perché anche ufficialmente, agli occhi del mondo, era sposa di Cristo. Espresse tutta la sua gioia nel suo piccolo quaderno, dove l’anima cantava le bellezze dell’ascesi: «Oh! giorno felice veramente di Paradiso… Ecco fatta la mia religiosa vestizione. Per amor Tuo porterò sempre vestito nero, e non mai vestito di seta, e ciò per piacere a Te, mio Sposo dolcissimo, per rinunciare a tutte le vanità e in onore della mia cara Mamma Addolorata. Cosa ho provato al momento della sacra vestizione, Tu solo lo sai, Diletto mio, conserva in me quelle S. Impressioni e fa’ che d’ora innanzi viva una vita veramente celeste e santa»[3] e poi il ringraziamento a Maria Vergine: «Grazie mia tenera Madre, grazie della vostra visita, quanto mi avete consolato. Sì, sì, amar Gesù tanto tanto e farlo amare in ogni luogo e da tutti, ecco il mio compito che spero fare appoggiata dalla vostra Materna assistenza»[4].
Padre Ottone stava per convincersi che quel sogno del 2 febbraio 1879 fosse realmente di origine divina. Ma non pensava affatto alla fondazione di un nuovo Istituto, puntava alla creazione di un nuovo ramo delle Orsoline di Sant’Angela Merici. Tuttavia rimaneva ancora nel dubbio. Allora ordinò a Laura di compiere quindici pellegrinaggi, di cui non sappiamo la destinazione; sappiamo però che la mandò sulla tomba di san’Angela a Brescia e da padre Giuseppe Chiarini, oratoriano superiore della Compagnia di Sant’Orsola e proprio a quest’ultimo Laura consegnò una copia dello scritto della «bella notte». Da padre Chiarini ebbe una risposta precisa: «Figlia, Lei non sarà Orsolina che per un po’ di tempo, altri disegni ha sopra di lei il Signore. Dica al suo direttore che non abbia più dubbi, che è troppo chiara la volontà di Dio su di lei. Glielo dica a mio nome. Ella sia umile e corrisponda alle tante grazie del Signore… Non saranno le Regole di S. Angela che ella dovrà osservare, ma quelle che mi fece leggere»[5].
Da molto tempo ormai Laura conosceva e condivideva la Regola di Angela Merici. L’aveva molto colpita la sua vita e l’idea della santa di aprire scuole per le ragazze, un’idea rivoluzionaria per un’epoca in cui l’educazione era privilegio quasi esclusivo del mondo maschile.
Rimasta orfana di entrambi i genitori a 15 anni, Angela era partita per la Terra Santa e qui ebbe una fortissima esperienza mistica: giunta per vedere i luoghi di Gesù, rimase colpita da cecità temporanea. Dentro di sé, però, vide una luce e una scala che saliva in cielo, dove la attendevano schiere di giovani. Comprese qual era la sua missione. Tornata in patria, diede vita alla nuova congregazione.
Così lasciò scritto alle sue Orsoline: «Vi supplico di voler ricordare e tenere scolpite nella mente e nel cuore, tutte le vostre figliole ad una ad una; e non solo i loro nomi, ma ancora la condizione e indole e stato e ogni cosa loro. Il che non vi sarà difficile, se le abbracciate con viva carità… Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente e con asprezza, ma in tutto vogliate essere piacevoli.
Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza; perché Dio ha dato a ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia…».
Laura approvò e condivise tutto di sant’Angela, eppure il fuoco dello Spirito la sospingeva verso la Regola dettata da Cristo stesso. Con la dichiarazione e l’appoggio di padre Chiarini ogni dubbio era finalmente messo in fuga.
Non ancora però per padre Terzi, che, prudentissimo, affermò che avrebbe dato il suo benestare solo in presenza di un miracolo. E il miracolo, puntualissimo, arrivò.
Laura aveva per amica una certa Bianca Piccaluga di 34 anni. Era maestra, ma inferma da dieci anni, completamente paralizzata a letto. Costei desiderava consacrarsi a Dio, perciò promise, se fosse guarita, che avrebbe seguito Laura Baraggia nella sua missione, aiutandola nelle scuole di carità. Allora Laura il 10 luglio 1880 decise, con le Orsoline della Compagnia di Milano, di iniziare una novena al Sacro Cuore di Gesù per intercessione della Beata Vergine di Lourdes (apparsa a santa Bernadette Soubirous nel 1858).
La notte precedente il 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo, Bianca vide in sogno la Madonna che le disse: «…Domani guarirai, andrai insieme alla tua amica Laura a farti religiosa nel nuovo Istituto di mio Figlio, fa’ di essere di aiuto e fatti santa»[6]. Al sesto giorno della novena, Bianca si alzò dal letto e riprese la sua vita normale.
Il miracolo tolse ogni titubanza a padre Ottone, il quale non solo assegnò Bianca Piccaluga alla figlia spirituale, ma aggiunse altre due giovani compagne: Maddalena Zanotti, umile e illetterata, e Rosa Bartoletti[7]. Tutte e tre le compagne di Laura erano iscritte come aspiranti fra le Orsoline di Famiglia, ma padre Ottone decise che si unissero a Dio e fra di loro con vincoli più forti. Il 19 settembre, dopo dieci giorni di Esercizi Spirituali, fece loro pronunciare i voti religiosi in forma privata nella cappella dei Gesuiti di via Montebello a Milano, di fronte all’altare del Sacro Cuore.
Ma neppure in questo tempo Laura poté gustarsi la gioia del sogno che si stava realizzando, perché, come lei stessa spiega nelle sue memorie: «Dovetti molto soffrire perché essendo Orsolina e dovendo dipendere da una Superiora che non sapeva cosa il buon Dio voleva da me, succedevano spesso delle male intelligenze: io non potevo dir tutto e passavo per finta e per poco sincera. E Voi, dolce Amor mio, mi sosteneste, e persino in sonno mi veniste a consolare»[8].
Tuttavia il programma poté realizzarsi comunque, nonostante le incomprensioni. Le superiore della Compagnia permisero a Laura Baraggia di aprire una casa dove sarebbe vissuta la prima comunità sotto la direzione del Parroco di Sulbiate don Ercole Riva, il quale aveva comunicato l’iniziativa al vescovo, monsignor Calabiana, che senza indugio diede il suo consenso.
Alcuni mesi prima, il 24 marzo, con l’aiuto del fratello Francesco e del cognato Rodolfo Andreoni, Laura acquistò a Sulbiate Superiore una casa di proprietà del pastore protestante Vincenzo Oggioni, in via dei Forni.
Il piccolo gruppo delle Orsoline partì da Milano il 22 settembre 1880 con il saluto e la benedizione di padre Ottone:«Andate, figlie, in nome del Signore, dove Egli vi vuole a fare giorno per giorno quanto Egli vorrà»[9].
Non avevano elaborato un programma, non avevano un calendario, addirittura non sapevano che cosa sarebbero andate a fare a Sulbiate. L’unica cosa certa era che stavano per inaugurare una piccola comunità religiosa, composta da una novizia (Laura) e tre aspiranti. La casa, il «monasterino», come lo definì la fondatrice, era in ordine grazie all’intervento della famiglia Baraggia, la quale aveva anche provveduto a fornire gli utensili domestici. In più una sorella ed una cognata inviarono le loro figlie, di 11 e 12 anni, affinché aiutassero a sistemare tutto.
Ma nei primi tempi le cose non andarono per niente bene, tanto da spingere Laura a chiedersi: «Che faccio io qui?»[10].
[1] Ibidem, pag. 103
[2] Ibidem
[3] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia, pagg. 134-135
[4] Diario Spirituale, pag. 103
[5] Ibidem
[6] Ibidem, pag. 124
[7] Maddalena Zanotti, nata a Milano il 1 dicembre 1837, morì il 10 febbraio 1915. Rosa Bartoletti, nata a Milano l’8 settembre 1863, morì il 10 gennaio 1905.
[8] Ibidem, pag. 105
[9] Ibidem, pag. 108