Il luogo dove meglio Laura esprimeva se stessa e dove poteva stare con lo Sposo diletto era il Tabernacolo. Davanti a Lui poteva esprimere l’amore del suo cuore con parole e slanci carichi di passione che riecheggiavano i versi lirici del Cantico dei Cantici. L’aridità, la sofferenza e la sete trovavano refrigerio, balsamo, ristoro. Questa era la sua «stabile dimora finché vivrò»[1]. E, nonostante le incombenze della vita la portassero lontano dallo Scrigno del suo Tesoro, ella prometteva di starvi continuamente, anche con lo spirito «sempre in atto di adorazione, di riparazione»[2], perché «Io sono felice d’averti dato tutto, un solo desiderio conservo, ed è di amarti, di amarti sempre, di farti amare e di consumare tutta me stessa in ispirito di un amore riparator! Ai piedi del tuo Tabernacolo o col corpo o collo spirito troverai sempre la tua indegna Sposa Laura. Del suo avrà niente da offrirti, sol che umiliazioni e pentimenti, ma sarà sempre felice di sapersi appresso al suo dolce Sposo e di offrirgli l’amore degli Angeli. Felice poi al sommo di poter un giorno morire ai piedi del Tabernacolo!»[3].

Poneva il suo amore in mezzo agli altri amori: quello degli angeli, dei santi, di Maria Madre e di Dio Padre e giungeva alla conclusione: «Sei amato! Il mio misero cuore lo nascondo in mezzo a questi cuori, io t’amo con quest’amor!»[4]. E di nuovo riecheggiano gli afflati di un mistico come S. Giovanni della Croce, di cui lei nulla sapeva. Eppure come lui poteva ripetere nella festa del Sacro Cuore del 1884: «Sì, Amor mio, morire e morire a tutto, ecco cosa vuoi… E anche morta davvero? Oh! Gesù, ora che mi nascondesti nel Tuo dolcissimo Cuore, nulla temo»[5]. Sapeva che in Dio solo c’è il tutto e nel Tutto bramava perdersi per ritrovarsi, per specchiare sé, creatura, nel Creatore. L’anima di Laura si librava leggera alla ricerca continua delle cose celesti, non accontentandosi delle ‘briciole’ della terra, tutta abbandonata alla bontà e misericordia dello Sposo.

Chi potrà mai liberarsi dal suo modo di agire e dalla sua condizione imperfetta, se Dio non lo solleva a sé in purezza di amore? Come si innalzerà l’uomo generato e cresciuto nella fragilità, se il Signore non lo solleva con la mano con cui l’ha creato? Spinta da questi interrogativi, Laura pregava: «Sentivo un gran desiderio di far qualche cosa per Te Amor mio, e Ti pregavo di farmi conoscere cosa potessi fare e Tu mi facesti conoscere che desideravi che mi offrissi come ostia in sacrificio per Te. Rimasi confusa e addolorata a quella domanda vedendomi tanto miserabile ed imperfetta. Ma Tu, con grande bontà mi dicesti che mi abbandonassi come morta nelle Tue SS. Mani che avresti fatto tutto Tu»[6].

Ma il cuore di Laura chiedeva di operare, ormai pronto a lavorare per il Regno: «Dunque non più dubbi?… Eccomi pronta, o mio Dio, adempite l’Opera Vostra […] La grazia è compiuta!… La mia santificazione è il bene della campagna, ecco il compito mio!… Assistetemi, o mio Dio!»[7].

Le Note Spirituali del 1867-1880[8], composte contemporaneamente ai fatti che l’autrice riporterà anni dopo nel Diario Spirituale, sono preziosissime, le più importanti per  calarsi nel percorso spirituale compiuto da Laura.

Nel Diario Laura registrò a posteriori gli accadimenti esterni della sua vita, mentre nelle Note portò alla luce il suo mondo interiore. Un documento è comunque inscindibile dall’altro: le vicende future, che l’avrebbero vista Madre fondatrice della congregazione delle Suore della Famiglia del Sacro Cuore di Gesù, trovano le radici nel cammino spirituale registrato nelle Note di indiscutibile bellezza, di agostiniana memoria. Infatti sono proprio le Confessioni di Sant’Agostino che tornano alla mente non appena sul Diario leggiamo: «Tardi ho incominciato ad amarti Bontà infinita! Per i tuoi meriti dammi un amor grande vero e generoso. Tutta a te mi dono senza riserva; per tuo solo amore d’ora innanzi vivrò, opererò, respirerò. Fa’ di me ciò che ti piace, che io sarò sempre felice […] Mio amato Signore, per la vostra misericordia, datemi un amor grande e un amor generoso; fatemi una vittima del vostro S. Amor»[9].

Al termine di un corso di Esercizi Spirituali, nel 1872, quattro cose Laura promise: obbedienza perfetta ai suoi Superiori ed in modo speciale al Direttore Spirituale, uniformità alla volontà divina, devozione e amore particolare al Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e la pratica della virtù che definiva fondamentale: la S. Umiltà.

Il cammino era ancora lungo; occorrevano altri anni di attesa e accettazione a vivere nel mondo prima di realizzare il suo desiderio di consacrazione. Durante gli Esercizi Spirituali del 1874, Laura  scrisse come pensava di strutturare una nuova Istituzione religiosa femminile sul modello della sacra Famiglia di Nazareth ed esplicitò l’idea che da tempo coltivava: «Se …, o mio Dio, vi degnerete permettere che possa un giorno consacrare le mie povere cure per procurare il bene delle anime come ardentemente desidero e verrà riconosciuta come opera Vostra quell’Istituzione che da tanti anni è l’oggetto dei miei desideri, vi prometto, con l’aiuto vostro, di mettermi subito all’opera, dovesse costarmi qualunque sacrificio, umiliazioni, ne dovesse andar di mezzo il mio onore, la mia sanità, ogni cosa mia. Voi mi avete già preparata…»[10]. Era decisa anche a soffrire per l’ “opera”, anzi, era certa che avrebbe dovuto patire, ma non temeva perché sapeva che si trattava di un’opera voluta da Dio, perciò avrebbe avuto il suo compimento.

Scelse di vivere sotto l’obbedienza del suo padre spirituale, che rappresentava Gesù e così facendo era convita di obbedire a Dio stesso. Le idee erano già chiare, come infatti rivelano gli appunti degli Esercizi Spirituali, dove già delineava le caratteristiche fondamentali: «Questa istituzione dovrebbe zelare l’onor di Dio e la salvezza delle anime e l’istruzione della gioventù. Dovrebbe prestarsi ad ogni bisogno spirituale ed anche corporale del prossimo. In essa dovrebbe però essere unita la vita attiva e contemplativa»[11] e nel 1877 l’Istituto desiderato assunse una fisionomia particolare: «procurare il bene della cara, umile e semplice, ma per disgrazia fredda popolazione della campagna»[12].

Non restava che attendere il tempo propizio per mettere in atto ciò che nutriva e cresceva dentro.

 


[1] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia,  pag . 111

[2] Ibidem, pag. 125

[3] Ibidem, pag. 119

[4] Ibidem, pag. 118

[5] Diario Spirituale, pag. 143

[6] Ibidem, pag. 172

[7] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia,  pag . 135-136

[8] Pubblicate dalla Congregazione nell’anno 2008 con il titolo “Dio solo, fascino segreto di un cuore amato”

[9] Per tuo solo amore vivrò – Esercizi Spirituali del 1872, pagg. 21.24

[10] Ibidem, pag. 42

[11] Ibidem, pag. 69

[12] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia,  pag. 125