Laura da quel tempo visse come una religiosa, anche se formalmente non lo era. Dai 16 ai 21 anni sperimentò i voti che si era proposta di vivere con grande impegno. Nella Pasqua del 1867 promise di osservare il metodo di vita attinto da quello di santa Bartolomea Capitanio; il 15 agosto rinnovò il voto di verginità, seguendo la formula composta dalla Capitanio:
«Io Laura, prostrata davanti alla SS. e adorabilissima Trinità, alla Beatissima Vergine Maria, al glorioso S. Giuseppe, all’Angelo mio custode e a tutta la corte celeste, faccio voto vero, reale, di Castità, privandomi della libertà di poter entrare in matrimonio con alcun uomo. Invece indirizzo tutti i miei pensieri, tutti i miei affetti, tutti i miei desideri al mio Castissimo Sposo Gesù al quale solamente voglio procurare di piacergli in tutto»[1].
Sempre nel 1867 fece voto di stare sempre alla presenza del Sacro Cuore di Gesù, senza commettere colpe veniali avvertite. Nel 1869, poco dopo aver incontrato padre Ottone, ottenne dalla guida spirituale di pronunciare il voto di uniformità al volere di Dio e in prova quello di maggior perfezione. Il 21 gennaio 1874 pronunciò quest’ultimo voto in forma più stretta e vincolante (la formula era nuovamente quella della Capitanio). Inoltre pronunciò il voto di cooperare al riscatto delle anime del Purgatorio e alla conversione dei poveri peccatori. Il 31 maggio 1874, dopo le prove di obbedienza alle quali l’aveva sottoposta padre Ottone, Laura rinnovò tutti i voti e soprattutto quelli religiosi di povertà, castità, obbedienza, carità e quello di perfezione.
Per essere maggiormente vicina al suo Gesù aderì a ben ventun associazioni religiose, impegno che consisteva nell’adempiere a delle pratiche di pietà prescritte nello statuto, anche con preghiere che Laura stessa aveva composto.
Le più importanti a cui si iscrisse furono il Terz’ordine francescano e particolarmente quella delle Figlie di Maria, dedicandovisi con grande entusiasmo.
Fu padre Ottone ad indicarle le varie mansioni da assumere all’interno dell’associazione: lettrice, consigliera, segretaria, vice presidente, presidente, carica quest’ultima che mantenne fino alla sua partenza da Milano. Laura, umile e schiva, non ambiva certo ad occupare quelle responsabilità, ma dovette accettare, ancora per obbedienza; d’altra parte Gesù stesso le spiegò che «questo è un tratto della mia provvidenza per farti fare l’esperienza di quello che più in grande dovrai fare un giorno»[2].
Ora Laura, grazie agli interventi di padre Ottone, era in pace con se stessa e con gli altri.
Il direttore spirituale le disse che sarebbe potuta diventare religiosa soltanto alla morte dei signori Biffi: non sarebbe stato giusto lasciarli poiché erano stati e continuavano ad essere molto magnanimi nei suoi confronti. Intanto le suggerì di leggere le regole di vari ordini religiosi per trovare la più rispondente alle sue aspirazioni, «ma per quante regole leggessi, non ne trovavo una che mi accontentasse pienamente; ero però pronta ad abbracciare quella che mi venisse assegnata dal mio direttore»[3].
Non prestò attenzione alle regole monastiche, perché desiderava darsi all’apostolato; ma le realtà religiose di vita attiva non la soddisfacevano poiché, a suo parere, davano troppo poco spazio alla preghiera. Padre Ottone era incerto nel giudicarla: «“Sei un mistero! Mi sembri nata, fatta per la clausura, eppure ti vedo tanto inclinata alle opere di carità, che non so qual parte consigliarti… Io sono al buio, non conosco più nulla sulla tua vocazione»[4]. Difficilissimo, quindi, poterla indirizzare.
Non restava che pregare e rivolgere al Signore suppliche per essere illuminata, insieme al padre spirituale, perché «chiaramente … voi volete che un giorno mi consacri tutta a procurare il bene della cara, umile e semplice, ma per disgrazia fredda popolazione della campagna»[5].
L’amore per Gesù era totale ed assoluto. Scriveva fra il 1867 e il 1880 nelle Note spirituali, un quadernetto con carta quadrettata, prezioso per comprendere il cammino spirituale di Laura: «O amarvi o morire o mio tesor. Meglio soffrire la morte la più crudele che vivere un solo momento senza amarvi o mio Dio. Si è vero. Non sono degna di ricevere tanti favori. Ma giacché tanta bontà usate meco, degnatevi concedermi una umiltà profondissima, un amor ardente, un’uniformità perfetta e una purità angelica»[6]. In queste piccole pagine si racchiude l’immenso cuore di Laura. Di grande valore anche per i nostri giorni uno dei tanti proponimenti che vi ritroviamo: «Opererò sempre con grande quiete e calma, evitando ogni fretta e procurerò di mantenere la libertà di spirito»[7].
Laura rinnovò periodicamente i suoi voti con una costanza ammirevole e si abbandonò a parole di incommensurabile tenerezza per Gesù; a Lui voleva donarsi, dimostrandolo concretamente anche con la fedeltà con cui si accostava alle pratiche di pietà e con le mortificazioni che segnavano le sue giornate. Non era «uno sterile esercizio, quasi soffocante ed inibente, ma il tradursi in pratica di un amore veramente ardente, di una volontà decisa a dare tutto a Dio»[8].
Il suo amore per Cristo era maturo, adulto, forte e vigoroso, guardava agli orizzonti ampi ed eterni, e le sue convincenti parole lo dimostravano chiaramente: «il nostro cuore è fatto per amare un Bene immenso e non troverà mai di che appagarsi nei beni limitati e fallaci della terra. Amor mio, eccomi tua veramente tua per il Voto di Verginità perpetua. Col voto di Verginità ti ho dato il mio cuore e il mio corpo. Con quello d’obbedienza la mia volontà, con quello di Uniformità ogni desiderio; […] con quello di stare alla tua presenza ogni pensiero […] Ti ho dato tutto, tutto senza riserva. A te ora compiere l’opera tua […]Un solo desiderio conservo, ed è di amarti, di amarti sempre, di farti amare»[9].
Amare Cristo e farlo amare dagli altri. Gridare questo amore e far comprendere che soltanto con Lui, in Lui e per Lui si vive. Tutto il resto è superfluo, insoddisfacente.
La sofferenza era contemplata come la riparazione necessaria al riscatto delle anime; la «croce preziosa», sia fisica sia morale, le permetteva di raggiungere Cristo, amore crocifisso. Bramava la croce, perché con essa era felice. Cercava di elevarsi alle vette dello spirito per allargare lo sguardo oltre la realtà materiale; così sperimentava la gioia anche nella croce: «Come è dolce il patir per Te. Abbraccio con tutto il trasporto del mio cuore questo caro segno di Redenzione nuda, pesante come Tu vuoi, pronta a vivere e morire inchiodata e trafitta su essa per tuo Amore. Me beata se sarò fatta degna di sempre patire per Te, mio unico Tesor.»[10].
La bellezza di queste pagine riconducono alla spiritualità carmelitana: santa Teresina di Lisieux, santa Teresa d’Avila, san Giovanni della Croce. Fra questi campioni della fede, possiamo ritrovare il simile afflato spirituale di Laura: innamorati del Signore, desideravano incontrarlo, possederlo e vivere alla Sua santissima presenza già su questa terra. Tutto, nella loro esistenza, si compì come offerta a Dio per la salvezza delle anime e per la Sua Gloria.
Alla luce di questa spiritualità Laura portò avanti il cammino ascetico come un atto di assoluto abbandono nelle mani di Dio e la preghiera come conversazione intima con il Signore tesa a vivere il rapporto con Lui in maniera sponsale.
Trovava nella mortificazione e nella sofferenza vera l’atto di riparazione e di ringraziamento a Gesù, per essere in tal modo più vicina a Lui, aiutandolo e collaborando con Lui a salvare anime.
Essere fecondo strumento di salvezza in unione con la morte e resurrezione di Cristo era un suo obiettivo. Ed il suo cuore, che desiderava abbracciare tutta la terra e vivere l’annuncio del Vangelo a tutti i popoli con la preghiera, il sacrificio e il silenzio, divenne missionario.
Per chiedere al Signore la capacità di vivere con coerenza questa universalità di amore ed esprimere la gioia della salvezza per ogni uomo, Laura si donava completamente, riconoscendo che solo Dio era la fonte dell’Amore e della perseveranza nel dono: «Tu solo sei degno d’ogni adorazione, d’ogni lode e di ogni affetto del mio cuore. Vieni, Re celeste, vieni a regnare su di me interamente. Regna sui miei occhi, sulla mia lingua, sulle mie orecchie, sui miei pensieri, sui miei affetti, sul mio cuore, sull’anima mia, sul mio corpo, sul tempo e sulle cose che mi hai donato. Renditi assoluto Padrone. Fammi tua serva, tua schiava, tutta e sempre tua. Ti voglio amare senza riserva e solo perché ne sei degno. Col consenso dell’obbedienza rinuncio oggi ad ogni gusto e consolazione spirituale e corporale per amarti senza interesse alcuno. Gusti, delizie e consolazioni a te ne faccio un sacrificio e tu, per i tuoi meriti, dammi un amore grande e generoso e perseverante»[11].
Con il consenso di padre Ottone, iniziò il suo «cosiddetto noviziato»[12] che consacrò ai santissimi Cuori di Gesù e di Maria. Interessantissima questa esperienza che compì perfettamente da sola, senza entrare in nessuna congregazione e che tuttavia visse con profondo convincimento e con assoluta serietà, disciplina e rigore.
Negli anni 1872-1874-1877 gustò con grande slancio gli esercizi spirituali privati (che padre Ottone le permise di fare due volte all’anno): ogni giorno meditava un tema (il peccato, la salvezza dell’anima, i novissimi, la Passione di Gesù… oppure argomenti più complessi come: del principio e fine dell’uomo e dell’eterna salute; sullo stato religioso, desiderio della perfezione, caduta degli angeli, caduta dell’uomo, vittoria sulle passioni, conoscenza di sé, buona coscienza, divorzio dal mondo, mortificazione del corpo, vittoria delle tentazioni…) e Laura confermava così le sue scelte: l’unione ininterrotta con Dio, la corrispondenza alla grazia, il bene delle anime e soprattutto quel ricominciare sempre ex novo per crescere nell’amore, per dare linfa e vitalità ad ogni atto, anche il più banale, infondendo sempre nuovo entusiasmo nella scelta di essere tutta del Signore Gesù. Amore in divenire, mai abitudine. Nuovo fervore, grande fede, umiltà profondissima, amore generoso sono le richieste di Laura a Dio. Molto personali erano le sue riflessioni sui diversi temi; per esempio le sue considerazioni sull’inferno, dove non la spaventano i tormenti per l’eternità perché «Voi sapete che nessuna o poca impressione fanno al mio cuore i patimenti, i dolori, una cosa sola mi stringe questo povero cuore, la disgrazia di non amarvi più, di essere priva della beata vostra presenza!»[13].
Padre Ottone, per Laura portavoce dello Sposo, continuò a guidare la figlia in questo noviziato «che durerà finché vi degnerete disporre in altro modo di me servendovi del mio Superiore»[14].
[1] Ibidem, pag. 68
[2] Ibidem, pag. 84
[3] Ibidem, pag. 88
[4] Ibidem
[5] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia, pag. 125
[6] Ibidem, pag. 57
[7] Ibidem
[8] Positio, op. cit., pag. 88
[9] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia, pag. 118-119
[10] Ibidem
[11] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia, pag. 82
[12] Ibidem, pag. 96
[13] Per tuo solo amore vivrò – Esercizi Spirituali del 1872, pag. 16
[14] Dio solo, fascino segreto di un cuore amato – Note Spirituali di Madre Laura Baraggia, pag . 123