Laura fino a nove mesi, quando imparò a camminare, rimase in una camera da sola, perché la mamma aveva tutti gli altri figli a cui badare. Quel tempo trascorso in solitudine condizionò fortemente il suo temperamento che divenne timido e ritroso; lei stessa rivelerà: «non essendo abituata a vedere gente ed essendo toccata da altri, piangevo ed ero inquieta»[1], tanto che si decise di affidarla ad una zia inferma che viveva in casa Baraggia, sempre in camera da letto; una donna molto religiosa e buona, prima educatrice di Laura, che con lei iniziò a pregare già a 18 mesi. Con l’aggravamento delle condizioni fisiche della zia, la bambina venne tolta dalla sua custodia e fino all’età di 13 anni andò a dormire nella camera da letto dei genitori.
La preghiera la interessava di più del gioco ed era disposta anche ad alzarsi di notte per stare con il suo Signore. A soli 4 anni era già in grado di leggere il Vangelo e la vita di san Luigi Gonzaga (1568-1591), il nobile che aveva lasciato tutto per abbracciare Cristo e la Compagnia di Gesù, ed era morto in santità a 23 anni[2].
Sempre a 4 anni sentì l’esigenza di confessarsi. In casa era considerata una buona bambina come le altre ed era la beniamina di tutti grazie al suo carattere «dolce e compiacente per natura, facile ad arrendersi al parere altrui»[3]. Nella sua famiglia era cosa ordinaria pregare, così come essere caritatevoli; la madre a volte doveva riprendere la figlia a causa del suo temperamento un po’ troppo schivo e timido.
Laura potrebbe essere definita una persona «predestinata», cioè votata, fin dall’infanzia, alla vita di fede, alla vita di comunione con Cristo: non aveva altri desideri, non altre aspirazioni che rimanere con Lui. Anche nel gioco dimostrava tutta la sua tensione a vivere di Dio e in Dio. Percepiva, fin nel profondo, la felicità che soltanto le realtà trascendenti possono dare e progrediva nel suo andare verso la santità, ogni giorno più convinta e determinata, perché ogni giorno più innamorata di Cristo. Sua sorella, per farla giocare, vestiva le sue bambole da monaca, perché non le piacevano le bambole ambiziose.[4] Un giorno, quando aveva 7 anni, sentì la Voce del Crocifisso, che esigeva da lei il distacco totale da tutto, perfino da quella tenerezza che riversava sulla bambola. Sorprendente e bellissima quella mistica pagina che Laura ci ha lasciato nel suo Diario Spirituale:
«… giocavo in una stanza da sola con la bambola e avevo di fronte un Crocifisso… Ad un tratto sentii come una voce chiara che mi disse: “Laura che ci guadagni giocando con la bambola? Non ti sarei più caro io che quella bambola?”…
Questa Voce non la sentii con le orecchie del corpo, ma in modo più distinto. Guardai il Crocefisso, e qual vista! Mi sentii tutta commossa e mi sentii come ferire il cuore… Quella ferita la sento tuttora e la passione del mio caro Gesù fu così impressa in me che sempre mi è presente.
Che faceste Amor mio di me allora? Io non so spiegare, so solo che da quel momento io non potevo guardare il Crocifisso per il grande dolore che ne provavo, e se fosse stato in mio potere avrei schiodato tutte le immagini di Gesù in croce… Quello che non ho potuto fare con gli altri l’ho fatto con il mio. Schiodai l’immagine, la sostituii alla bambola, la coprii con una vestina di seta, non potendo soffrire di vederla nuda, e la portavo sempre con me. Ciò fu preso come un atto di leggerezza, ma Voi ben sapete, o mio Dio che quella vostra Immagine vestita da bambola, mi era sollievo, consolazione, soddisfazione, era la mia compagnia. Allora abbandonai del tutto la compagnia anche delle ragazze buone. Quante volte mi destaste di notte per farvi baciare, accarezzare o mio Gesù…»[5].
Laura, nel tempo della Cresima, ebbe una conversione forte e decisiva: sentiva che Gesù la voleva sempre vicina a sé e le diceva che la voleva tutta sua[6], ma per realizzare ciò era necessaria una purificazione profonda dai peccati, attraverso la confessione, che fece proprio prima di ricevere la Santa Cresima. Fu in quella circostanza che Gesù «mi fece vedere tutti i miei peccati, ne conobbi la bruttezza e il numero… In tal tempo sentii in me un grande cambiamento. Non mi riconoscevo più e ciò che prima cercavo e amavo, dopo aborrivo ed odiavo da non poterne soffrire il pensiero»[7]. Laura anelava al dono completo di sé a Gesù e per Gesù, ed imitava di nascosto qualche penitenza di san Luigi «come il mettere le assi sotto le lenzuola, qualche catenella in vita, dei sassi sotto le ginocchia, la cenere sui cibi…»[8].
Amava molto stare sola e in camera sua, oppure in fondo al giardino nella siepe folta e là pregare, sola con il suo Signore, da Lui solo veduta, da Lui solo ascoltata. La Voce interiore non l’abbandonò più e il Crocifisso, Lui solo, Lui tutto, divenne la sua unica compagnia. Di tanto in tanto, quando si trattava di compiere dei sacrifici, udiva la Voce, chiara e distinta, che la esortava ad imitare Cristo, come narra la stessa Laura: «Papà faceva venire un uomo che vendeva dolci e frutta […] Quando io li ricevevo sentivo quella voce misteriosa (che ho sempre poi sentito) dirmi: “Io ho digiunato e bevuto fiele e tu mangerai dolci?” Allora dicevo: “No, Gesù mio”, e correvo a riporre tutto nel tiretto del mio tavolino dove tenevo il mio Crocefisso»[9].

[1] Diario Spirituale, pag. 10
[2] Figlio del duca di Mantova, nato il 19 marzo del 1568, fin dall’infanzia il padre lo educò alle armi, tanto che a 5 anni già indossava una mini corazza ed un elmo e rischiò di rimanere schiacciato sparando un colpo con un cannone. Ma a 10 anni Luigi aveva deciso che la sua strada era un’altra: quella che attraverso l’umiltà, il voto di castità e una vita dedicata al prossimo l’avrebbe condotto a Dio. A 12 anni ricevette la prima comunione da san Carlo Borromeo, in visita a Brescia. Decise poi di entrare nella compagnia di Gesù e per riuscirci dovette sostenere due anni di lotte contro il padre. Libero ormai di seguire Cristo, rinunciò al titolo e all’eredità ed entrò nel Collegio romano dei Gesuiti, dedicandosi agli umili e agli ammalati, distinguendosi soprattutto durante l’epidemia di peste che colpì Roma nel 1590. In quell’occasione, trasportando sulle spalle un moribondo, rimase contagiato e morì. Era il 1591.
[3] Diario Spirituale, pag. 15
[4] Cfr. Diario Spirituale, pag. 15
[5] Diario Spirituale, pag. 17
[6] Cfr. ibidem, pag. 19
[7] Ibidem, pag. 19
[8] Ibidem
[9] Ibidem, pag. 1822